Una società chiude 84 dei suoi negozi in Israele a causa del “Alluvione Al-Aqsa”

Alluvione Al-Aqsa

Il gruppo internazionale di aziende spagnole Inditex ha chiuso temporaneamente 84 dei suoi negozi in Israele, a causa dell’operazione “Alluvione Al-Aqsa” lanciata dalla resistenza palestinese e dei successivi bombardamenti e attacchi israeliani a Gaza.

Inditex possiede marchi importanti come Zara, Pull & Bear, Massimo Dutti e Bershka.

L’azienda ha affermato di aver informato i propri clienti della chiusura dei negozi attraverso i siti web dei suoi marchi.

Nel messaggio – che si può leggere sui siti dei vari marchi – si legge: “I nostri negozi rimarranno temporaneamente chiusi, e il termine per la restituzione della merce acquistata sarà prolungato per un periodo di 30 giorni dalla data di riapertura dei negozi”.

Il gruppo Inditex possiede 84 negozi per tutti i marchi dell’azienda, ad eccezione del marchio Oysho.

D’altro canto, la catena di negozi svedese H&M – che possiede 20 negozi in Israele – ha avvertito i propri clienti che “a causa della situazione attuale, potrebbero esserci dei ritardi nei tempi di consegna” per gli acquisti online.

Sabato scorso, la resistenza palestinese ha lanciato l’operazione “Alluvione Al-Aqsa” contro l’occupazione, provocando centinaia di morti e perdite economiche, mentre le forze israeliane hanno risposto con intensi bombardamenti su Gaza, lasciando centinaia di morti.

Altre chiusure

Lunedì, il ministero israeliano dell’Energia ha annunciato la sospensione temporanea della produzione del giacimento di gas Tamar e ha spiegato che cercherà fonti alternative di combustibile per soddisfare il proprio fabbisogno.

Fonti nautiche e commerciali hanno anche affermato lunedì che il porto di Ashkelon e il suo impianto petrolifero in Israele sono stati chiusi in seguito agli scontri tra le forze israeliane e la resistenza palestinese.

Le operazioni di resistenza palestinese contro l’occupazione hanno causato perdite all’economia israeliana in numerosi settori finanziari e produttivi, oltre al calo dello shekel e della Borsa di Tel Aviv.

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